Stare accanto

In un mondo dove tutti scelgono da che parte stare, noi abbiamo scelto di stare accanto.
Non in alto o in basso: accanto.
È questo il posto giusto per chi sente di far parte di Cadash.

Non servono grandi discorsi.
A volte basta un gesto semplice: un piccolo gesto di vicinanza, una parola gentile, una presenza che rompe il silenzio.
È da lì che nasce il senso del nostro essere volontari.
Dal muoversi verso l’altro, anche solo di un passo.

Chi vive Cadash sa che aiutare non significa schierarsi.
Significa agire.
Significa vedere il bisogno e rispondere, senza chiedersi se conviene, se è comodo, se verrà capito.
Perché aiutare, quando è autentico, non ha bisogno di etichette.

Viviamo in un tempo in cui sembra che per sentirsi vivi serva creare a tutti i costi un nemico. Un nemico, ovviamente, da combattere.
Lo vediamo ogni giorno, nei commenti sui social, nei piccoli scontri quotidiani, persino nei rapporti di lavoro.
Come scrive Alessandro D’Avenia, il duello nasce da una menzogna: “non c’è posto per entrambi”.
E così ci si divide, ci si misura, si combatte — spesso per non sentire il vuoto.

Ma chi sceglie di fare volontariato impara un’altra cosa: che c’è sempre posto per l’altro.
Chi sceglie questo percorso ha ben presente che la vita non è una gara, ma un cammino fatto di incontri, di ascolto, di piccole fatiche condivise.
E che la vera forza non è vincere, ma restare umani.

Essere volontari non vuol dire evitare i conflitti, ma attraversarli.
Vuol dire imparare la pazienza della relazione, il coraggio di comprendere.
Vuol dire accettare il disagio che nasce quando ci si apre davvero agli altri — perché è lì che la vita si muove, si allarga, respira.

Perché aiutare non è vincere.
È esserci.
E a volte basta questo, una piccola presa di posizione, che può iniziare a cambiare la realtà.

Avanti
Avanti

Intelligenza artificiale al servizio del volontariato