Intelligenza artificiale al servizio del volontariato
Come la tecnologia può aiutarci ad aiutare meglio, senza perdere umanità
L’intelligenza artificiale entra sempre più nella nostra vita quotidiana: la troviamo nei motori di ricerca, nei suggerimenti delle piattaforme streaming, nei sistemi di traduzione, nei chatbot. Non si tratta solo di una moda del momento o di un tema reso insistente dalla sua continua presenza sui media.
L’intelligenza artificiale sta realmente cambiando il modo in cui viviamo, lavoriamo, comunichiamo. Ma cosa succede quando questa tecnologia incontra il mondo del volontariato??
Può sembrare un binomio insolito: da una parte i dati, gli algoritmi, le automazioni; dall’altra la relazione umana, l’ascolto, la gratuità. Eppure, sono già numerose le esperienze che dimostrano come l’AI – usata in modo consapevole – possa potenziare le attività del Terzo Settore, semplificando ciò che è complesso e lasciando più spazio all’essenziale: le persone.
Organizzare meglio per dedicarsi agli altri
Una delle principali sfide per molte associazioni è la gestione delle risorse umane: volontari, turni, disponibilità, incastri logistici.
In questo ambito, l’AI può offrire soluzioni concrete. Esistono già software capaci di ottimizzare la pianificazione in base alle preferenze, alle competenze e agli orari dei volontari. In pratica, si possono automatizzare calendari e avvisi, evitando sovrapposizioni o dimenticanze.
Questo significa meno burocrazia, meno stress, più efficienza.
Comunicare con più efficacia, restando autentici
L’intelligenza artificiale può diventare un alleato discreto ma utile per facilitare la comunicazione quotidiana di un’associazione come Cadash. Non parliamo di “robot che parlano al posto nostro”, ma di strumenti semplici che aiutano i volontari e gli operatori a scrivere, organizzare e spiegare meglio ciò che fanno.
Ad esempio, l’AI può potenzialmente essere d’aiuto per:
preparare un messaggio chiaro da inviare alle famiglie degli utenti, per confermare un trasporto verso il centro diurno o comunicare un cambio di orario;
tradurre una comunicazione (in modo immediato ma comprensibile) per una persona straniera da accompagnare a un ambulatorio o a una RSA;
semplificare il testo di una lettera informativa da inviare agli enti pubblici o agli assistenti sociali con cui collaboriamo;
aiutare a scrivere una breve presentazione del servizio da lasciare a un nuovo Comune che entra in rete, oppure da inserire in una brochure condivisa con una RSA;
generare un titolo efficace per un’iniziativa speciale (ad esempio: “La settimana del trasporto solidale” o “Un viaggio verso l’autonomia”) partendo da una descrizione semplice scritta da un volontario.
Sono piccoli compiti, ma quando si accumulano, possono rallentare chi è già impegnato sul campo.
L’AI non sostituisce la sensibilità, l’esperienza e la voce dei volontari. Al contrario: ne amplifica il lavoro, offrendo supporto in modo silenzioso e rispettoso, e lasciando più tempo per ciò che conta davvero: stare accanto alle persone.
Rendere il volontariato più accessibile
L’AI può essere un alleato per l’inclusione. Pensiamo alle traduzioni automatiche per utenti stranieri, ai sottotitoli generati per chi ha difficoltà uditive, o ai lettori vocali per le persone con disabilità visiva.
Grazie a questi strumenti, più persone possono accedere ai servizi dell’associazione, sentirsi accolte e comprese.
Formare e coinvolgere in modo nuovo
Con l’AI è possibile creare brevi percorsi formativi interattivi, tutorial personalizzati, FAQ automatiche, video con spiegazioni semplificate.
Tutto questo può aiutare i nuovi volontari a orientarsi rapidamente, e offrire aggiornamenti costanti anche a chi ha poco tempo.
Inoltre, può essere utile per coinvolgere i più giovani, nativi digitali che si sentono a casa con questi strumenti.
L’AI è uno strumento, non un sostituto
Naturalmente, l’intelligenza artificiale non può e non deve sostituire il valore insostituibile dell’incontro umano.
Il rischio di automatizzare troppo è reale, ma si può evitare se ricordiamo una cosa semplice:
la tecnologia deve servire le relazioni, non sostituirle.
L’AI può diventare un alleato silenzioso per chi vuole aiutare meglio, non un protagonista. Può sollevarci dalle incombenze più tecniche per lasciarci più tempo per ciò che conta davvero: ascoltare, accompagnare, prendersi cura.
E noi, da dove possiamo cominciare?
Anche senza grandi investimenti, ogni associazione può iniziare a sperimentare qualche piccolo strumento:
uno strumento che aiuti a rispondere velocemente alle richieste più frequenti da parte degli utenti o dei familiari (ad esempio orari, documenti necessari, contatti utili);
un sistema semplice per pianificare i trasporti settimanali in base alla disponibilità dei volontari e agli orari delle strutture convenzionate;
un'applicazione che supporti la stesura di avvisi, lettere o comunicazioni interne a partire da tracce o appunti raccolti sul campo.
E possiamo anche iniziare a formare i nostri volontari digitali su come usare l’AI in modo etico, utile e umano.
Un invito a chi legge
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Perché il futuro del volontariato sarà sempre fatto di persone.
Ma può aprirsi, senza timore, anche a strumenti intelligenti che ci aiutano a fare meglio ciò che già sappiamo fare bene: prenderci cura degli altri.